Sentenza della Cassazione Penale: la mancata formazione in materia di sicurezza sul lavoro è un reato permanente
Una recente sentenza – 14 giugno 2019 n.26271 – fornisce l’occasione per fare il punto sul concetto di “reato permanente” in relazione ai reati di salute e sicurezza e sugli effetti concreti che il “protrarsi della condotta antigiuridica”, cioè la permanenza del reato, esplica in termini di responsabilità penali.
Cosa si intende per “reato permanente” e come questo concetto si applica agli obblighi di salute e sicurezza
La Cassazione Penale precisa che “gli obblighi inerenti l’informazione e la formazione del lavoratore sono da ritenersi di durata poiché il pericolo per l’incolumità del lavoratore permane nel tempo, e continua in capo al datore di lavoro l’obbligo all’informazione e alla corretta formazione.”
Facciamo un esempio per inquadrare il concetto di reato permanente in relazione agli obblighi prevenzionistici.
Se un lavoratore non viene formato o non riceve l’addestramento obbligatorio o i necessari DPI o la vigilanza sul suo operato (etc…), la situazione antigiuridica e, quindi propriamente il reato commesso dal soggetto su cui grava il corrispondente obbligo, permane e si protrae per tutto il tempo (giorni, settimane, mesi, anni..) in cui perdura il mancato adempimento, a partire dalla data nella quale era scattato tale obbligo (data di adibizione del lavoratore alla mansione? data di entrata in vigore di un nuovo obbligo? Data in cui è avvenuto un cambiamento organizzativo/tecnologico? etc… etc…) e fino a quando tale condizione non cessa, nei termini che vedremo.
E’ intuibile il fatto che la configurazione di un reato come reato “di durata” (perché a monte vi è un obbligo che persiste nel tempo e non cessa solo per il fatto che viene trascurato o ignorato in virtù di un’inerzia o di altre considerazioni che portano il detentore dell’obbligo stesso a rimandarne la sua attuazione nel tempo) non possa non avere effetti giuridici importanti in termini di responsabilità (effetti che, nei loro tratti essenziali, saranno più avanti analizzati nello specifico).
Per una prima conclusione su questo punto, dunque, come precisato da un’altra pronuncia più risalente della Suprema Corte (Cassazione Penale, Sez.III, 14 dicembre 2011 n.46340), “per giurisprudenza pacifica di questa Corte, invero, le violazioni della normativa in materia di prevenzione degli infortuni e di igiene nei luoghi di lavoro hanno natura di reato permanente e la situazione antigiuridica si protrae e persiste fino a quando il responsabile non ha provveduto ad adottare le prescritte misure cautelari, ovvero, in difetto, fino a quando il giudice non si sarà pronunciato con sentenza di condanna anche se non passata in giudicato (cfr. ex multis Cass. sez.3, 2.7.1994 n.7530; Cass.sez.3, 11.1.1999 n.215; Cass. sez.3 n.21808 del 18.4.2007).”
Ora soffermiamoci sulle principali conseguenze in concreto.
L’omessa formazione quale reato permanente nella sentenza di questo mese: quali le conseguenze pratiche? E quando cessa la permanenza?
Applicando tali principi al reato di mancata formazione, la Cassazione nella sentenza di questo mese qui in commento specifica che “l’obbligo di formazione del resto non è limitato solo al momento dell’assunzione ma perdura nel corso dello svolgimento del rapporto di lavoro; la cessazione della permanenza conseguentemente si verifica o alla concreta formazione o all’interruzione del rapporto di lavoro (eliminazione concreta del rischio).”
Ciò detto, vediamo quali siano stati gli effetti concreti che ha esplicato questo tipo di qualificazione (di reato permanente) nel caso oggetto della sentenza che stiamo analizzando.
Nella fattispecie, i reati (di omessa formazione e informazione) erano stati accertati il 2 aprile 2013. Nel giugno del 2018 il Tribunale aveva condannato il datore di lavoro.
Questi aveva successivamente ricorso contestando il fatto che il Giudice non avesse dichiarato di non doversi procedere per estinzione dei reati per prescrizione poiché, secondo l’argomentazione del ricorrente, “il lavoratore S.R. al quale dovevano essere impartite le istruzioni per la sicurezza sul lavoro non aveva mai ripreso il servizio dopo l’infortunio, con cessazione dell’attività al 10 aprile 2015.”
La Cassazione dichiara inammissibile il ricorso, in quanto “il lavoratore infortunato, S.R., non aveva mai ricevuto formazione specifica sui rischi per gli infortuni sul lavoro.”
Infatti “mentre per il P.O.S. e per la scala il datore di lavoro immediatamente ottemperava, predisponendo il P.O.S. e sostituendo la scala con un idoneo ponteggio, con la cessazione della permanenza del reati; per la formazione del lavoratore, invece, niente era stato effettuato.”
Riguardo all’obbligo di formazione, in particolare, “il datore di lavoro aveva ottenuto delle proroghe fino al 10 aprile 2015; conseguentemente come evidenziato dalla sentenza impugnata la cessazione della permanenza del reato in oggetto è avvenuta solo alla data del marzo 2015, con la cessazione dell’attività.”
In conclusione, “i reati, quindi, non risultavano prescritti alla data della sentenza” e l’imputato è stato condannato.
Tratto dal sito: www.puntosicuro.it